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Il nucleare sostenibile

Spunti di riflessione prima di decidere
"come" costruire nuove centrali nucleari nel mondo.






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  • Premessa e sintesi del documento


La soluzione del problema delle scorie radioattive a lunga vita, cioè quelle che mantengono la loro radiotossicità per migliaia e migliaia di anni, deve avvenire preliminarmente ad ogni decisione circa la realizzazione o meno delle centrali nucleari in Italia.
I reattori di IV generazione in grado di utilizzare come combustibile fissile non solo il torio anziché l'uranio, ma anche le scorie radioattive da loro stessi prodotte, sono l'unica soluzione credibile ed affidabile ed è una colpa grave da ascrivere ai governi di tutto il mondo il fatto che la loro sperimentazione non sia incentivata e perseguita con la priorità che merita la questione dell'approvvigionamento di energia, a cui è del tutto evidente l'inadeguatezza della risorsa petrolifera al fine di rispondere al fabbisogno energetico mondiale, sia dal punto di vista ecologico ed economico sia della disponibilità dei prodotti petroliferi nel prossimo futuro, inversamente proporzionale allo sviluppo economico, industriale e sociale dei paesi industrializzati e soprattutto dei paesi emergenti.
E' anche prioritario considerare che l'unico modo per procedere senza indugi e soprattutto senza rimorsi alla costruzione di centrali nucleari anche nel numero complessivo necessario al totale soddisfacimento del fabbisogno energetico non solo italiano ma quello sempre crescente del mondo intero, è che esse siano ragionevolmente sicure e quindi possano essere accettate di buon grado e senza traumi dalle popolazioni, come ad esempio nel caso di adozione di reattori nucleari di tipo L.F.T.R., quelli cioè che utilizzano come combustibile il floruoro di torio liquido anzichè l'uranio ed il plutonio e che, per le leggi fisiche che ne regolano il funzionamento, non possono ad esempio subire la fusione del nocciolo neppure quando fossero colpiti da un disastro irreparabile e quindi maggiormente adatti all'utilizzazione a scopi civili e commerciali .
Ma anche questi reattori la cui pericolosità è enormemente inferiore a quelli attuali che bruciano uranio e plutonio, non sarebbero comunque ancora accettabili se  nel contempo non fossero assunte parallelamente delle drastiche misure di contingenza sul piano della prevenzione del rischio, quali ad esempio la costruzione di queste centrali all'interno di un edificio corazzato sotterraneo, in uno speciale sarcofago-bunker sotterraneo appositamente preposto per il contenimento ermetico della radioattività, in cui sigillare la centrale al momento della sua dismissione finale a fine ciclo vita (entombment decommissioning), oppure nel momento in cui durante il corso del suo funzionamento dovesse verificarsi un evento fatale ed irreparabile indipendente dalla prevista sicurezza intrinseca di buon funzionamento, in grado di superare le barriere di difesa attiva e passiva disposte a protezione del nucleo dei reattori, provocando così la fuoriuscita di radioattività sul territorio e sulle popolazioni circostanti.
Esiste infatti la necessità di garantire la massima sicurezza possibile alle popolazioni non solo nel caso di un disastro accidentale ma anche proprio nel deprecato caso di un disastro fatale ed irreparabile volutamente e deliberatamente provocato alla centrale: ad esempio nel caso di un commando suicida di terroristi che riesca in qualche modo ad infiltrarsi all'interno della centrale con esplosivo ad alto potenziale facendolo brillare dopo averlo posizionato con modalità idonee a determinare la fuoriuscita di radioattività all'esterno della centrale, oppure nel caso di un deliberato attacco di guerriglia esterna, che nei prossimi decenni (la vita di una centrale attuale è di circa 60 anni) sarà sempre più guerra atipica ed asimmetrica, assumendo quindi in futuro forme, modalità ed armamenti oggi del tutto impensabili ed imprevedibili.
Costruendo quindi le erigende centrali nucleari italiane in speciali “bunkers sotterranei” dove, già fin nella fase iniziale di progetto e costruzione, fosse previsto un protocollo di procedure atte al rapido, sicuro ed ermetico sigillamento tombale della centrale in un “sarcofago” sotterraneo impermeabile alle radiazioni al fine di contenere la radioattività al suo interno non solo a fine ciclo vita, ma in qualsiasi momento questa operazione si rendesse precocemente inevitabile, si ottiene anche il vantaggio che fin dalla fase iniziale della progettazione e di preventivo della costruzione della centrale anche i costi finali della sua dismissione sono già noti e determinati, consentendo fin dall’inizio di stabilire in modo certo ed onnicomprensivo il costo finale del kilowatt/ora prodotto, evitando così di scaricare sulle generazioni future gli esorbitanti costi che oggi tutti indicano per lo smantellamento finale delle centrali attualmente già costruite "a cielo aperto".

  • I punti di riflessione


1)   Le centrali nucleari a cielo aperto non sono accettabili per l'evidente rischio insito nella loro esposizione ad un eventuale attacco non convenzionale tipico delle guerre asimmetriche, atti terroristici o di sabotaggio, che arrechino deliberatamente gravi ed irreparabili danni idonei a determinare la fuoriuscita di radioattività su territorio e popolazioni (ad esempio un commando suicida che riesca in qualche modo ad infiltrarsi all'interno della centrale collocando esplosivo ad alto potenziale in posizioni e con modalità idonee a determinare con la sua esplosione la  deliberata fuoriuscita di radioattività all'esterno della centrale).
Nessuno può escludere che ciò non succederà mai!
I trascorsi terroristici, seppur sopiti, lasciano un largo margine di rischio ad un'azione  di tipo militare o terroristica portata non solo dall'esterno ma anche dall'interno della centrale e le modalità con cui tale evento potrebbe accadere ben sappiamo essere "ex ante" impensabili, come ormai ha insegnato l'attentato dell'11 settembre 2001 alle Torri Gemelle del World Trade Center di Manhattan a New York, negli U.S.A., in quanto la buona dose di fantasia e di fortuna che hanno caratterizzato il pieno successo dell'azione terroristica dell'11 settembre 2001, potrebbero nuovamente replicarsi altrove con modalità e strumenti i più diversi ed impensati, difficilmente prevedibili oggi nel momento in cui ci accingiamo a costruire delle centrali nucleari.
Anche nell'area del Mediterraneo in cui si estende il territorio italiano, questi non sono timori fantasiosi: già in un passato neppure troppo lontano l'Italia conobbe una sporadica minaccia terroristica di tipo missilistico fornita dal colonnello Gheddafi che dalla Libia minacciava di colpire l'Italia meridionale con missili e fortunatamente, dopo un primo tentativo andato a vuoto per l'insufficiente gittata dei missili balistici di cui disponeva in quei tempi, la minaccia rientrò e comunque poi in Italia cambiò il clima politico a seguito del noto referendum e conseguente moratoria sul nucleare italiano che ci ha tenuti al riparo dal timore che potesse verificarsi in Italia un evento di deliberata distruzione di una centrale nucleare.
Ma ormai, con l'improrogabile necessità di fare ricorso all'energia nucleare anche in Italia, la possibilità reale e concreta di subire atti ostili e disastri nucleari deliberatamente provocati, va ben al di là delle dotte discussioni sulla sicurezza intrinseca di buon funzionamento dei reattori nucleari anche se tale fattore dovrà comunque essere sempre perseguito come obiettivo primario dello stato dell'arte costruttiva e come doveroso impegno di progresso scientifico, tecnico e tecnologico.
Al di là quindi della scontata questione della sicurezza intrinseca dei reattori nucleari e dell'eliminazione delle scorie radioattive a lunga vita attraverso l'adozione di reattori nucleari di IV generazione in grado di utilizzare come combustibile fissile non solo il torio anziché l'uranio, ma anche le scorie radioattive da loro stessi prodotte, il punto cruciale sottaciuto o verso il quale si ostenta incauta indifferenza è che le centrali nucleari "a cielo aperto" sono obiettivi militari e/o terroristici estremamente sensibili ed ambiti a motivo del fatto che offrono la possibilità di causare, in un colpo solo, numerosi altri danni collaterali di gravità e vastità anche superiori al già ingentissimo danno primario costituito dalla distruzione dell'impianto nucleare comportante il venir meno, sull'intero territorio irrorato dalla centrale, dell'energia elettrica rappresentante l'elemento essenziale per funzionamento dell'attuale sistema di comunicazioni, di produzione e di organizzazione sociale.
Infatti, colpire in modo mirato una centrale nucleare significa anche, nel caso in cui essa sia stata costruita a cielo aperto, avere ottime probabilità di riuscire a contaminare contemporaneamente anche l'ambiente di un vastissimo territorio, ampliando così i danni alla sanità dell'aria, alla fruibilità delle risorse alimentari, a possibili effetti lesivi ed anche mortali sulle popolazioni residenti in quei territori, con conseguenze che si protraggono anche moltissimi decenni dopo il compimento dell'atto ostile.

2)   Pare che oggigiorno i gusci in cemento armato con cui si sente dire che sarebbero costruite eventuali nuove centrali nucleari a cielo aperto, siano in grado di resistere all'impatto di un aeroplano e di resistere ad un attacco esterno con dei bazooka ed altri tipi di attacchi leggeri provenienti dall'esterno, ma questo assolutamente non basta perché, volendo, già oggi sono disponibili armi ben più penetranti da usare dall'esterno e resta comunque sempre possibile un attacco dall'interno di gran lunga più efficace, che potrebbe essere realizzato attraverso un commando suicida che in qualche modo riesca ad infiltrarsi nella centrale e danneggiare l'impianto dall'interno in modo mirato, in modo tale da impedire l'entrata in funzione dei sistemi di spegnimento automatico del reattore o comunque riuscendo a realizzare la fuoriuscita di radioattività dal sito.
Ma il punto importante di questa discussione non è di tentare di rendere la centrale inespugnabile od anche solo altamente resistente ad eventuali attacchi, in modo da coltivare la speranza di vanificarli o renderli inoffensivi, poiché questa garanzia non si potrà mai ottenere, mentre la garanzia veramente importante che si deve invece obbligatoriamente offrire è quella di poter rapidamente ed agevolmente impedire, qualsiasi sia la causa, l'esposizione dell'ambiente, del territorio e delle popolazioni ivi residenti ad eventuali fuoriuscite di radioattività dal sito.
Si può offrire questa garanzia solamente se un eventuale attacco alla centrale sia stato ritenuto possibile e preventivamente già previsto in sede di progetto e quindi in quella sede sia già stata data adeguata risposta ad esso ancorché oggigiorno un simile evento sia ritenuto ancora poco probabile, ma teniamo conto che la vita di una centrale si proietta nel futuro per circa 60 anni...
Lo scopo è quindi quello di riuscire a limitare al minimo i danni da fuoriuscita di radiazioni proprio nell'infausto caso in cui, a prescindere dalle precauzioni, dalla sorveglianza dell'impianto e dalle difese adottate, ciononostante una mano ostile riesca ugualmente a realizzare un attacco con pieno successo, provocando all'esterno della centrale costruita a cielo aperto quella fuoriuscita di radioattività sul territorio e sulle popolazioni circostanti che oggi tutti incautamente paiono tranquillamente escludere a priori che possa mai più accadere.
Si tratta quindi ci accettare il criterio per cui, ad esempio, pur ritenendo che una nave sia sicura ed inaffondabile, si prevede ugualmente una sufficiente dotazione di scialuppe di salvataggio nel caso in cui un evento imprevedibile provocasse ugualmente l’affondamento della nave.
Nel caso delle centrali nucleari il criterio analogo è di prevedere già fin nella fase iniziale di progettazione della centrale, non tanto delle superbe difese ed una stretta sorveglianza dell'impianto (quantunque ciò sia comunque consigliabile), quanto un rapido, efficace ed efficiente protocollo operativo che garantisca l'immediato e sicuro sigillamento della centrale in un impermeabile sarcofago nel bunker sotterraneo in cui è collocata.
Occorre cioè partire dal presupposto che prima o poi capiteranno certamente degli eventi fatali, devastanti, che causeranno danni gravissimi ed irrimediabili alle centrali costruite a cielo aperto, provocando incontenibili contaminazioni del sito, dell'ambiente e dei territori d circostanti.
La probabilità che tali eventi avvengano in tempi prossimi, cresce nel mondo proporzionalmente con il proliferare della produzione di energia tramite centrali nucleari ed aumenterà in modo esponenziale nel momento in cui non si troverà più alcun modo per contenere  il  prezzo del petrolio entro un ragionevole limite sostenibile dalle economie dei paesi consumatori, poiché in mancanza di ciò inevitabilmente in tutto il mondo assisteremo all'avvio di una rincorsa a massicci programmi di costruzione di centrali nucleari, anche perché sempre nuovi paesi emergenti si aggiungono al gruppo dei paesi bisognosi di energia per sostenere il loro crescente sviluppo tecnologico, industriale e sociale e non sono purtroppo realistiche le altre soluzioni alternative al nucleare.
Peraltro tutte le nazioni già oggi si vedono esposte al pericolo di azioni di guerra atipica e lo saranno ancor più nel corso dei prossimi decenni, al punto che anche l’Italia mantiene proprie forze militari all’estero nel tentativo di eradicare questi fenomeni fintantoché essi si generano ancora lontano da noi, nella speranza di riuscirvi prima che possano arrivare a colpire anche in Italia.
In ogni caso la fattispecie di un attacco alle centrali nucleari è ben diversa da quella di un attacco  tradizionale alle risorse energetiche di un paese, come ad esempio un deposito petrolifero, un rigassificatore od una superpetroliera, in quanto per gli obiettivi convenzionali l'elemento contro cui si deve combattere è il fuoco e l’inquinamento petrolifero e/o chimico, contro cui siamo maggiormente preparati ed addestrati rispetto alla contaminazione radioattiva di popolazioni, alimenti e territori.
Costruendo le future centrali nucleari in uno speciale bunker-sarcofago sotterraneo già predisposto per essere ermeticamente sigillato, un eventuale possibile atto di guerra asimmetrica, terroristico o di sabotaggio, avrà conseguenze minimali sul territorio e sulla popolazione, a differenza delle terribili conseguenze che si avrebbero qualora un identico evento colpisse una centrale costruita a cielo aperto con fuoriuscita della radioattività.

3)    A fronte di eventi distruttivi che purtroppo occorre ragionevolmente pensare che prima o poi si verificheranno, vi è un solo modo per rendere accettabili le centrali nucleari a fissione e costruirle anche subito, nel numero necessario: l'unica soluzione è di costruirle in speciali bunkers sotterranei già predisposti per sigillare la centrale rapidamente ed ermeticamente nel sottosuolo a fine ciclo vita (entombment decommissioning) oppure nell'infausto caso di un disastro fatale ed irreparabile alla centrale stessa, deliberatamente provocato da un'azione terroristica, di sabotaggio o comunque di guerra asimmetrica, al fine di provocare la fuoriuscita di radioattività.
La scelta di questa soluzione consente di porre in atto strategie di architetture costruttive di tipo auto sigillante o che comunque all'occorrenza consentano  l'immediato, sicuro ed ermetico sigillamento delle centrali nucleari nel sottosuolo, all'interno del bunker stesso, in modo da realizzare un ermetico sarcofago di protezione.
Quando per una centrale nucleare a cielo aperto gravemente ed irrimediabilmente danneggiata si rendesse eventualmente necessaria l'opera di sigillamento in un ermetico sarcofago protettivo come è stato fatto a Cernobyl, se tale operazione non sia stata preventivamente predisposta fin dal progetto iniziale di costruzione, essa oltre ad essere tardiva ed improvvisata, potrebbe rivelarsi anche assai rischiosa per gli addetti che la devono occasionalmente eseguire senza disporre di un protocollo operativo appositamente già predisposto "ex ante" per quella specifica centrale e l'operazione risulterebbe problematica, lunga, difficoltosa e con incertezze sulla sua tenuta nel tempo, come nel caso di Cernobyl dove permangono rischi e serie preoccupazioni sulla tenuta del sarcofago protettivo improvvisato di tutta fretta nel momento del bisogno.

4)   Il maggior costo economico iniziale emergente dalla costruzione di una centrale nucleare nel sottosuolo, potrà eventualmente influire sulla sua convenienza economica rispetto ad altre fonti di energia, ma mai il maggior onere economico ed ingegneristico necessario alla sua realizzazione in uno speciale bunker sotterraneo, dovrà essere portato come scusante di una scelta avventata ed irresponsabile come quella di costruirle a cielo aperto.
Peraltro la complessità ingegneristica della gestione sotterranea di un reattore nucleare è analogicamente assai simile a quella oggi già ottimamente risolta nei sottomarini nucleari che gestiscono un reattore nella profondità degli abissi marini dove esiste il modo sicuro di pompare all'esterno dello scafo l’acqua vincendo la resistenza dell’elevatissima pressione esterna alla profondità di centinaia di metri sotto il livello del mare.
Nel caso delle centrali nucleari sotterranee, le odierne tecnologie sono certamente in grado di risolvere il principale problema costituito dalla necessità di pompare in sicurezza all'esterno della centrale i liquidi di raffreddamento del reattore (nel caso in cui si usi l'acqua come refrigerante), dove rispetto ai sottomarini nucleari le forze in gioco sono decisamente inferiori per ottenere la risalita dei fluidi all'esterno fino a raggiungere la superficie del terreno posta a livelli di quota superiori.
Quanto ai maggiori costi della gestione di un reattore nucleare nel sottosuolo, se essi sono accettabili nell’ambito del costo complessivo di un sommergibile nucleare, risulteranno sicuramente proporzionati ed accettabili anche per gli impianti delle centrali nucleari sotterranee.
In ogni caso il maggior costo economico iniziale per la costruzione di centrali nucleari in speciali bunkers sotterranei, sarà ampiamente compensato al momento della dismissione della centrale al termine del suo ciclo di vita in quanto, scegliendo il sistema del tombamento della centrale nel sito (entombment decommissioning) non si dovrebbero più sostenere i costi ingentissimi del suo smantellamento e decontaminazione pezzo per pezzo, i problemi logistici ed i costi del trasporto dei materiali radioattivi in altri siti per lo stoccaggio, nonché i costi ed il disagio sociale della custodia del sito per decenni durante l'intero arco di tempo dello smantellamento e decontaminazione prima che esso ed il relativo territorio possano essere restituiti al godimento da parte della comunità locale.
Si tratta di investimenti a lunghissimo termine in cui nel calcolo del costo del kilowatt/ora prodotto occorre includere anche il risparmio ottenuto sui costi finali di smantellamento della centrale, in quanto sigillare un sito già perfettamente predisposto "ex ante" per tale operazione, è decisamente meno costoso dello smantellamento di un completo impianto nucleare a cielo aperto, che può arrivare a costare anche oltre 500$/kWe: la Word Nuclear Association calcola in diverse centinaia di bilioni di dollari (anno 2001) l'operazione dello smantellamento finale del parco di centrali nucleari già costruite negli U.S.A. e non ancora dismesse.
Esiste poi, oltre all'aspetto economico, anche una considerazione di opportunità sociale sulla necessità di costruire le centrali nucleari nel sottosuolo, poiché occorre tener conto che il ciclo di vita di una centrale nucleare è mediamente di circa i 60 anni e dopo tale periodo essa dev'essere completamente smantellata, lasciata chiusa per decenni in cui essa deve essere custodita in sicurezza al fine di attendere che si esaurisca completamente anche la lieve contaminazione residua del sito, prima che quest'area del territorio possa essere restituita alla popolazione per un normale uso.
Sono tutt'oggi ancora irrisolti i problemi posti dalla necessità d'isolamento e di sorveglianza delle centrali attualmente già costruite a cielo aperto (per quelle già dismesse nessuno ha ancora idea di come portare a termine in sicurezza lo smantellamento in tutte le sue componenti) mentre per le centrali costruite nel sottosuolo questo problema non si pone e visti i costi stratosferici attualmente previsti per le dismissioni delle centrali già costruite, ciò andrà a recupero del maggior onere economico iniziale sostenuto per progettarle e costruirle nel sottosuolo e per la realizzazione delle apposite strutture da impiegare per il rapido e sicuro sigillamento  in un ermetico sarcofago nel sottosuolo non solo dell'impianto, ma all'occorrenza anche delle scorie stesse se esse non potessero essere riutilizzate in altro modo, ad esempio come combustibile nei prossimi reattori di IV generazione e quindi in questo caso potrebbero anche restare per sempre nel sito, ermeticamente sigillate in un sarcofago tombale unitamente all'intero impianto nucleare qualora il sito sia stato scelto in una località geologicamente adatta.

5)   Da un punto di vista politico internazionale, prendere la decisione politica di costruire le centrali nucleari italiane nel sottosuolo in uno speciale bunker-sarcofago capace, in caso di necessità, di sigillare la centrale ermeticamente in modo agevole, rapido e sicuro, ci porrebbe nella condizione di poter legittimamente chiedere ai paesi nostri confinanti di adottare, per le loro nuove centrali nucleari, garanzie pari a quelle da noi offerte e potremmo diventare esportatori di questa tecnica costruttiva qualora fossimo stati capaci di realizzare tali impianti (con evidenti vantaggi sull'economia ed il prestigio nazionale).
Concordo sul fatto che non essendo ufficialmente note nel mondo precedenti esperienze cui riferirsi, il Governo italiano si troverebbe nella posizione di essere il primo a deliberare ufficialmente la costruzione di centrali nucleari civili in bunkers sotterranei.
Siccome però sono alcuni decenni che nei mondo si discute della soluzione sotterranea (il primo a proporla fu il Premio Nobel Sacharov ed in Italia il prof. Mario Silvestri ne parla nel suo libro "Il futuro dell'Energia", 1988, editore Bollati-Boringhieri), è ragionevole pensare che in paesi tecnologicamente avanzati e strategicamente aggressivi come Russia, Isralele od U.S.A., centrali sperimentali sotterranee ad esclusivo uso militare potrebbero già a tutt’oggi essere in funzione coperte dal segreto militare e quindi potrebbero comunque non essere più oggigiorno una novità assoluta.
Il paese che nel campo del nucleare civile sosterrà il ruolo di pioniere in questa scelta politica, si vedrà certamente caricato di un onere non solo economico ma anche e soprattutto di una sfida non indifferente nella propria capacità di normare progetti di questo tipo di opere sul proprio territorio, non potendosi pensare che tutto possa risolversi “sic et simpliciter” con l’interramento delle strutture delle attuali centrali nucleari così come esse vengono attualmente costruite a cielo aperto, limitandosi a modificare solamente quelle parti incompatibili con l’interramento.
Sarebbe certamente molto più agevole, veloce ed economico seguire pedissequamente anche in Italia l’esperienza dei paesi già nuclearizzati, come in effetti il nostro Governo ha già in parte fatto tramite accordi di collaborazione fra l’Enel e l’omologa azienda francese.
La decisione se costruire le prossime centrali nucleari italiane a cielo aperto oppure in bunkers sotterranei è quindi innanzi tutto squisitamente politica: se il Governo italiano pensa di essere in grado di escludere a priori e con certezza la possibilità che ai danni di una centrale nucleare italiana possa verificarsi negli anni a venire il paventato fatale ed irreparabile attacco bellico non convenzionale tipico delle guerre asimmetriche, allora si può procedere tranquillamente all’avvio di un programma italiano di nuove centrali nucleari a cielo aperto, ma nel caso in cui i nostri decisori politici non fossero in grado di fornire la garanzia che un siffatto evento non abbia mai a verificarsi in futuro, allora s’impone la decisione politica di domandare ai tecnici italiani di predisporre ex novo un progetto italiano di normative che consentano di costruire le erigende centrali nucleari sul territorio italiano in bunkers sotterranei, con l’esigenza prioritaria di dotare la costruzione di un sistema atto a garantire un rapido e sicuro sigillamento degli impianti perfettamente impermeabile alle radiazioni, in qualsiasi momento si rendesse necessario attivare tale procedura ed in ogni caso nel momento della dismissione della centrale alla fine del suo ciclo di vita.
In tal modo, come è stato già evidenziato in premessa, fin dalla fase iniziale della progettazione e di preventivo della costruzione della centrale anche i costi finali della sua dismissione sono già preventivamente noti ed inclusi, consentendo fin dall’inizio di stabilire in modo certo ed onnicomprensivo il costo finale reale del kilowatt/ora prodotto, evitando di scaricare sulle generazioni future gli esorbitanti costi che oggi tutti indicano per lo smantellamento finale delle centrali attualmente già costruite a cielo aperto.
Fra l’altro è bene osservare che la situazione italiana è assai diversa da quella degli altri paesi nuclearizzati che già da decenni si sono dotati d’impianti nucleari a cielo aperto e pertanto si trovano nella spiacevole situazione di dover ammettere presso i loro elettori di aver accettato in passato di esporre i loro paesi ed il loro popolo a rischi intollerabili alla luce della criticità dei rapporti internazionali che non solo da oggi vedono nazioni di tutto il mondo colpite da azioni di terrorismo internazionale e di guerra asimmetrica.

6)  In relazione, infine, alla situazione di stallo venutasi a creare a suo tempo con il referendum dell'8/9 novembre 1987 che bloccò la ricerca e lo sviluppo della tecnologia nucleare in Italia e successivamente con il referendum abrogativo del 12/13 giugno 2011, le risultanze referendarie poggiano su una consultazione pro o contro centrali nucleari costruite  "a cielo aperto" ed utilizzanti uranio e plutonio quale combustibile nucleare. Questo tipo di nucleare oltre a generare scorie ingestibili a causa della loro radioattività praticamente irriducibile per migliaia ed anche milioni di anni, non fornisce sufficiente protezione dell'ambiente esterno alla centrale ed adeguato rimedio e nel caso, tutt'altro che improbabile, di un'azione ostile volutamente mirata a provocare la deliberata fuoriuscita di radioattività all'esterno. E' giusto quindi non accettare questo tipo di centrali, oggettivamente inaccettabili dalle popolazioni, a prescindere dalla sicurezza intrinseca raggiunta dalla tecnologia costruttiva dei reattori.
La proposta di utilizzare il torio quale combustibile nucleare (utilizzabile con elevatissimo livello di sicurezza, ad esempio, nei reattori nucleari LFTR al floruoro di torio liquido) e di costruire le centrali nel sottosuolo in appositi bunkers speciali ermeticamente sigillabili in caso di un'emergenza irreparabile, è invece sufficiente, a mio avviso, a rimuovere i presupposti dei referendum e delle conseguenti moratorie.
Penso si possa pertanto ragionevolmente concludere che le reiterate scelte popolari abbiano espresso una chiara richiesta delle popolazioni ad avere garanzie totali ed incondizionate, commisurate alle gravissime ed estese conseguenze che avrebbe, per le popolazioni interessate, il verificarsi di un disastro irreparabile alla centrale causato da deliberati atti di sabotaggio, terroristici o militari, in grado di provocare un esteso fall-out radioattivo, qualora non esista la possibilità di intervenire in modo veloce ed efficace attraverso un protocollo operativo di ermetico sigillamento nel sottosuolo preventivamente predisposto "ad hoc" per ciascuna centrale, tenuto conto di ogni specifico aspetto e caratteristica già fin dalla fase iniziale di progetto.
L'unica garanzia indiscutibile che potrebbe permettere una libera costruzione delle centrali nucleari e la loro proliferazione su larga scala nel mondo, è quindi quella della loro realizzazione nel sottosuolo in bunker sotterranei speciali e dell'uso del torio in sostituzione dell'uranio e del plutonio attualmente usati.

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